Chiedo scusa per il titolo ma volevo essere premeditatamente provocatorio e spiegherò il perché.

Talvolta c’è gente che per qualche ragione desidera un cane, senza considerare che si tratti comunque di una forma di vita organica, provvista di esigenze alquanto ovvie (e prevedibili) come fare la pipì al meno un paio di volte al giorno. Queste persone, se vi soffermerete ad osservarle, noterete con quanta fretta ed insofferenza accompagnano il proprio Fido ad espletare le sue inevitabili funzioni fisiologiche, incitandolo a sbrigarsi e strattonandolo malamente (con il guinzaglio) ogni qualvolta si sofferma ad annusare il suo fantastico mondo fatto di odori. In quel momento lui non è più quella dolce palla di pelo che aspetta il  ritorno a casa del padrone per fargli le feste: non è più quella creatura adorabile che almeno per un po’ aveva riportato la serenità  in famiglia. No: in quel momento è diventato l’invalicabile ostacolo che si frappone tra costoro e l’orario della partita di calcetto; è il monolitico obelisco egiziano che devono lentamente e  faticosamente trascinare fino al proprio sito archeologico; più pesante dello zaino tattico degli alpini (40kg) dopo una marcia di 20 km in montagna e più testardo di un mulo sordo, il povero cane viene appellato manco fosse responsabile del disastro petrolifero nel Golfo del Messico.

Quando vedo queste scene, per fortuna non così spesso, penso alle motivazioni che in origine possono avere spinto queste splendide persone a desiderare un animale: probabilmente un banalissimo capriccio; la voglia di avere un giocattolo cui non si scaricassero le pile, o la necessità di essere al passo con la moda ostentando l’esemplare canino più esotico che il mercato offrisse.

Tutto questo senza tenere conto del fatto che la Playstation puoi pure dimenticarla nel cassetto senza alcun effetto collaterale, mentre con un essere vivente permane il continuo obbligo della manutenzione, sebbene talvolta ovviabile con un “lascito” agli Autogrill delle autostrade, nei periodi di vacanza.

Qualche giorno fa, ho assistito ad un episodio che mi ha ricordato molto quanto raccontato fin qui.

Mi trovavo in un Luna Park in una tiepida domenica di Maggio e c’erano bambini dappertutto.

Ad un certo punto mi soffermai a guardare la pista degli Autoscontri dedicati ai più piccoli e da praticante della PNL trovai interessante osservare come i bambini praticassero delle precise scelte, individuando tra tante automobiline identiche tra loro, quella del colore ad essi più congeniale: guidare per divertirsi era importante ma la determinazione della macchinina “giusta” lo era altrettanto. Dopotutto, nel mondo degli adulti, non è casuale che ci sia una vastissima offerta di automobili per marca, modello, colore e accessori: è evidente che per comprare un automobile chiunque debba esprimere dei criteri di scelta che vadano oltre il mero fatto che questa si muova.

Ma per tornare alle Giostre, ad un certo punto arrivarono due coniugi con un bambino: era appena scaduto il tempo di quella tornata di automobiline ed il piccolo doveva saltare dentro una di quelle con il suo gettone in mano..ma non si decideva nonostante diversi veicoli fossero liberi (ma anche presi d’assalto da altri bimbi). A quel punto i genitori, consapevoli dell’incalzare del nuovo turno e vedendo il figlio tra lo smarrito e l’indeciso nonostante ancora ci fossero delle macchinine libere, lo afferrarono per un braccio e scuotendolo energicamente lo incitarono a salire su una delle vetture libere, dandogli del cretino con tono talmente sprezzante da lasciarmi basito.

Per pura curiosità scientifica, avrei voluto osservare più a lungo questi magnifici esemplari di genitori, per stabilirne un profilo più accurato..ma il disgusto prevalse su ogni altro aspetto e mi allontanai con un sentimento misto a rabbia e dispiacere.

Successivamente ho continuato a pensare a quel giorno: mi sono chiesto quali congruenze ci siano nei sentimenti di un genitore che porta il figlio al parco giochi  per poi trattarlo con tanta insensibilità. Magari quel bambino aveva chiesto di andare al Luna Park talmente tante volte che per sfinimento i suoi “tutori” avevano finito per accontentarlo, “torto collo”..tanto per togliersi il dente e mettere fine alle lagnose implorazioni.

Per questo mi è corsa alla mente la metafora del cane (ed i suoi guaiti quando chiede di uscire), perché mi sono convinto che alcune persone, quando decidono di avere un figlio, non hanno idea delle implicazioni pratiche ed etiche che questa scelta comporta. Un figlio, se arriva non è certo per sua scelta: qualcun altro ha deciso per lui; qualcun altro ha deciso unilateralmente di aggiungere una nuova vita nella sua casa e nel suo mondo. Da quel momento, che gli piaccia o meno, in questa nuova vita egli dovrà crescere compatibilmente con cultura, educazione, convinzioni ed abitudini dei propri genitori: compatibilmente con le furie del padre per il Milan che ha perso e le frustrazioni della madre per i 20 chili di sovrappeso di cui non riesce a liberarsi; con le ansie dell’affitto che scade o per i soldi persi alle poker- slot; compatibilmente con le aspettative che si concentreranno su di lui per compensare le frustrazioni dovute ai fallimenti di qualcun altro, e così via.

Eppure, se un animale domestico è capace di risvegliarci dal torpore di una vita spenta ed incolore, pensate quale risorsa straordinaria possa rappresentare l’arrivo di un figlio.

Ma perché questa incommensurabile risorsa possa essere pienamente goduta è necessario essere consapevoli delle inevitabili implicazioni, che se vissute con lucidità ed il giusto spirito, possono essere sempre piacevoli per quanto impegnative.

Per un padre dare il biberon al proprio figlio alle tre di notte può essere foriero di una certo stress ma può anche rappresentare un momento straordinario per costruire un feeling che durerà per tutta la vita.. Il mondo è anche pieno di gente che anziché rinunciare alla propria ora di jogging ha scoperto quanto sia bello praticarlo con il proprio quattrozampe..

Per dirla tutta, c’è anche chi ha deciso scientemente di non avere ne’ figli ne’ animali..ma spesso si tratta di persone che quando hanno a che fare con quelli degli altri, dimostrano molto più affetto e rispetto di quanto non facciano alcuni che ne hanno..

E per concludere, una riflessione: se nel portare i nostri figli alle giostre tornassimo un po’ bambini anche noi, riusciremmo sicuramente a capirli di più e forse ritroveremmo anche il meraviglioso gusto di giocare con loro.

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